La famiglia e la crescita dei figli – Dogtooth –

Dogtooth è un film del 2009 del regista greco Yorgos Lanthimos, proiettato nelle sale italiane solo nel 2020, in cui viene messa in scena una storia familiare che si consuma interamente all’interno di un ambiente domestico, dove due genitori crescono i figli dentro un delirio di iperprotezione, simboleggiato in primis dall’altissimo steccato del proprio giardino, che segna il confine invalicabile con il mondo esterno.

I personaggi vengono calati in un contesto narrativo mosso da regole molto diverse da quelle comuni;  la trama si sviluppa intorno agli effetti che tali regole determinano su ciascun figlio, senza mai spiegare i motivi che spingono i due coniugi a impostare questo tipo di “educazione”. 

Il modo di apprendere il significato delle parole e le regole del mondo da parte dei figli viene completamente condizionato dai genitori: il telefono è una saliera, l’autostrada un vento molto forte, gli zombie un tipo di fiore giallo; gli viene insegnato che l’unico modo per uscire di casa, dunque per svincolarsi dalla “prigione” familiare, sia il passaggio all’età adulta, cosa resa impossibile dal fatto che, secondo le regole interne a questo sistema, solo la caduta di uno dei due canini potrà indicare e determinare.

Proprio a questo doloroso ma importantissimo passaggio, si aggrappa una figlia che, stanca di aspettare la caduta “naturale” del canino, se lo strappa con coraggio, forza e dolore.

Il canino indica la capacità dell’essere umano ad abituarsi a ogni regola, ma anche il suo bisogno di oltrepassare una soglia che segna un cambiamento, un punto di non ritorno. Lo stesso canino rappresenta un bisogno di autodeterminazione “affilato come il canino di un cane difficile da addomesticare”.

Si tratta di un film che, piuttosto che dare risposte, solleva interrogativi, fino ad arrivare a un finale aperto che lascia allo spettatore solo, perturbato e inquieto, la libertà di immaginare finali più o meno rassicuranti.  

Il film può offrire, dal punto di vista della psicologia della famiglia e della fase di svincolo dei figli, numerosi spunti di riflessione. 

Una riflessione importante può riguardare le regole familiari stabilite dai genitori del film che, oltre a essere in questo caso evidentemente patologiche, risultano rigide e immutate nel corso del tempo. Il fatto che siano immutate le rende anacronistiche rispetto all’età dei figli. Infatti la crescita e il passaggio da una fase di sviluppo a un’ altra richiede una dose importante di flessibilità da parte dei genitori che devono rendersi capaci, man mano che i figli crescono, di riadattare le regole familiari in modo da consentire ai figli un margine di autonomia sempre più ampio, fino ad arrivare all’autonomia totale e dunque allo svincolo. Questo passaggio può risultare non sempre facile e a volte addirittura doloroso, poiché implica una riorganizzazione delle regole interne e una maggiore possibilità di apertura al mondo esterno da parte dei genitori e dei figli che, proprio grazie al maggiore contatto con i propri coetanei, potranno rimodulare le regole familiari apprese durante l’infanzia e costruire una propria identità differenziata e autonoma.

Il film offre riflessioni importanti rispetto all’importanza da parte dei genitori di evitare l’isolamento dei figli e favorire il più possibile un loro contatto con ragazzi della loro età che potranno essergli da supporto e da conforto durante il periodo difficile dell’adolescenza.

Troviamo spunti di riflessione anche rispetto alla sessualità; la possibilità di sperimentare, modulare e integrare affettività e sessualità durante l’adolescenza svolgono un ruolo essenziale nello sviluppo dell’identità e della personalità dei ragazzi. Da questo punto di vista i genitori svolgono il ruolo importante di accompagnare i propri figli verso un approccio naturale e privo di tabù rispetto a questo tipo di esperienza.

Bibliografia e sitografia:

Terapie non comuni, J.Haley

https://youtu.be/yOEz5VrrYDI

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